valentino

ADV VALENTINO 1993

Negli anni ’90 gli stilisti usavano ancora investire in pubblicità sui giornali con i così detti “groupage”; Valentino – all’epoca prodotto e distribuito dal celeberrimo GFT (Gruppo Finanziario Tessile) – apriva su singola con la linea “Valentino Body”, poi di seguito due doppie pagine (“Valentino Uomo” la prima doppia e la seconda “Valentino Sport” e “Valentino Couture”), per chiudere di nuovo in singola con – addirittura – “Valentino Calze”. Tempi d’oro. Il viraggio seppia ammorbidiva i contrasti del bianco e nero di Demarchelier. Il logo è uno dei più chic della storia della pubblicità di moda.

 

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PARIGI: VALENTINO

Prima della nomina di Chiuri e Piccioli come creative directors del brand, il menswear di Valentino era un classico/tradizionale che nell’ultimo decennio aveva perso molto: delle foto di Roversi per l’ADV negli anni ’90, con David Boals avvolto dal trench in velluto liscio, e  delle sontuose collezioni di quel periodo, già nel 2000, restava ben poco. Saper “resuscitare” un Nome tanto importante come VALENTINO, dopo più di dieci anni di “silenzio”, è complicatissimo. Maria Grazia e Pier Paolo ce l’hanno fatta. Come? Grazie ad una strategia prudente e ad una moda che non è stata da subito “gridata”, ma costruita a piccoli (ma non impercettibili) passi: dalla prima sfilata a Pitti – 5 edizioni fa – fino a Parigi. Di volta in volta le collezioni si sono articolate e  sono diventate sempre più complete, grazie anche al grande lavoro che è stato fatto anche sugli accessori; fino ad arrivare ad oggi, al successo conclamato. Stupende le campagne pubblicitarie, bellissima la boutique che ha inaugurato ieri sera a Parigi, meravigliosa la sfilata: la coppia di stilisti ha l’intelligenza e la sensibilità di consolidare e di sviluppare i must-have che li hanno portati al top, come il camouflage e il denim, e di aggiungere – anche stavolta – nuove idee che convergono in un punto di sintesi tra Moda e Classico.

SCHEMA LIBERO IL RITORNO DEL NERO

 Black returns. Total black has been celebrated by many designers such as Prada, Costume National, Dolce&Gabbana, Armani and Helmut Lang. In particular, french brands have glorified it, from Stefano Pilati, when he was creative director for Yves Saint Laurent, to Dior Homme, Louis Vuitton, Hermès and Jean Paul Gaultier. And what about the far away 80s, when the cote dark-intellectual reigned, thanks to the japanese brands Comme des Garçons and Yohij Yamamoto. Today black is living a second life. Above all in leather, that “joins” fashion even sewn with wool, as the case of Valentino. Black leather evokes a sport imagination linked to motorcycles’ world, but it celebrates firts of all an erotic idea: just think about the pictures by Robert Mapplethorpe. If black leather’s trend will become established, I’m sure that black will return in fabric and knitwear soon. I hope not in shirts.

MAX 2010

The shooting was titled “Chiaro-Scuro” (“Light and Shades”), to focalize Walter Chin mastery to create stunning studio lights. Clothes by Valentino.

C’È MODA E MODA, C’È MODO E MODO

Le sfilate per la prossima estate si sono concluse da 10 giorni. Per il momento, sono già state archiviate: ora è (o sarebbe) il momento di sfogliare le riviste – che già da un mese pubblicano la moda per l’inverno – e farsi un’idea di cosa compreremo da settembre in poi. Ma i social più visti e seguiti, elargiscono ancora istantanee “rubate” al pubblico dei modaioli durante le fashion week e si vede un po’ di tutto. Spesso c’è un signore americano con i capelli bianchi che tutti trovano “top” e che invece è di un’ ineleganza inarrivabile, poi c’è il direttore di quel librone super fashion tutto muscoli  e occhiali specchiati, il giovane fotografo che si cambia praticamente ad ogni sfilata, e c’è la Sozzani, sempre bellissima, stilosa, semplice nella sua eleganza che li spazza via tutti. A parte lei, che non ha certo bisogno del plauso di nessuno, il codice di riconoscimento ricorrente per conquistarsi almeno un “top!!” è essere vistosi, ossia: accesi, appariscenti, carichi, chiassosi, eccentrici, lussuosi, ostentati, pacchiani, sfarzosi. Nel bene e nel male, tutto questo fa audience, tanti clic, tanti “mi piace”, tanti “love”: per non parlare degli “adoro” e “amo”. Tant’è, che una delle poche volte che il bravo Schuman mi ha immortalato per The Sartorialist, indossavo un paio di guanti giallo fluo tipo Mickey Mouse, paletot antracite e jeans in velluto bianchi: un look di cui ancora oggi mi vergogno. Bene, ora che ho metabolizzato le sfilate, mi sono reso conto che gran parte  della moda che è stata presentata, sembra pensata e disegnata apposta per la fauna dei fashionisti di Instagram, Twitter, Facebook, Tumblr, eccetera. Questo significa una sola cosa: al di là del fatto che quel certo abito sia effettivamente bello o no (perché in questa fase il bello e il brutto si fondono e si confondono, e non li distingui più), durerà solo una stagione. Quello che va, è moda di un attimo e il modo di comunicarla, adesso, è di far credere che se ti metti quella certa stampa con quei colori pop, sei cool. Non è un giudizio, è una constatazione; ho il sospetto che si badi più all’impatto che suscita un colore o uno sberluccichìo piuttosto che alla sostanza. Alcuni stilisti – bravissimi – sono caduti in questa trappola che porterà a nulla, se non a un repulisti generale e drastico nel giro di poche stagioni. C’è moda e moda: prendi una qualsiasi delle mille magliette schizzate di colore e metti a confronto il Madras divino che ha fatto Missoni, i tagli geometrici di Cerruti, le giacche bicolore di Valentino o l’eccentrità intelligente di Etro: ti togli ogni dubbio. C’è moda e moda, c’è modo e modo.

Spring/Summer 2014 Fashion Shows ended ten days ago. … Continua a leggere →