THE TRUE COST

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La locandina del docufilm “The True Cost”

Il primo dei film di Cannes ad arrivare a Milano è stato “The true cost” di Andrew Morgan, un docufilm spezzato da interviste sul “vero prezzo” della moda low cost. Un buon montaggio evita alla pellicola il peso di troppe immagini pesanti. Schiavi bambini, lavanderie industriali inquinanti e sartorie/pollaio sono infatti intervallate da interviste a personaggi del settore e da frame di sfilate. L’insieme è gradevole perché mostra la realtà produttiva dell’Estremo Oriente accanto ai riti del fashion occidentale per culminare con la corsa ai saldi: una specie di 3000 siepi a ostacoli per assicurarsi al ribasso qualcosa che ha già un prezzo iniziale stracciato. Il tutto per spiegare che i temi dell’etica sono stati fatti propri anche dal cinema. “The true cost” non entrerà probabilmente nei circuiti di cassetta ma rappresenta un’interessante presa di coscienza, tanto più interessante ai fini pratici, in quanto molto visibile. C’è da dire che davanti ad uno dei problemi che la pellicola espone, quello dei rifiuti industriali e dell’emergenza ambientale, una certa sensibilizzazione si nota sia in Italia sia a livello internazionale. Nel nostro paese il «fatto a mano» diventa una vittoria della creatività e dell’artigianato italiano mentre sono un buon numero le aziende che producono prodotti totalmente tracciabili come italiani. Nel caso del fashion internazionale, invece, a muoversi contro l’inquinamento ambientale sono spesso le holding. Fra queste Timberland, che ha ha fatto della sostenibilità territoriale uno dei suoi obiettivi annuali e ha incluso nel programma anche gli spesso non calcolati trasporti. L’azienda americana ha varato uno stabilimento in Olanda che è un gioiello dal punto di vista della tutela ambientale, con l’accortezza di possedere uno sbocco sul porto di Rotterdam che evita l’uso dell’aereo per la distribuzione del prodotto. Produzione e distribuzione safe come obbiettivo aziendale. Un’idea da diffondere. E premiare. Luisa Ciuni

The first of Cannes moviesplaying in Milan has been “The true cost” by Andrew Morgan, a docu-movie punctuated by interviews about the “true cost” of low-cost fashion. A good editing alleviate the weight of too many strong images. Slave children, polluting industrial laundries and tailories/madhouses are indeed punctuated by interviews to insiders and frames from fashion shows. The result is likable, because it shows the productive reality of the Far East compared with the rituals of Occidental fashion that culminates with the great sale: a kind of high hurdles for grabbing something that has already a very low initial price. It comes from this that ethical themes have been adopted also by cinema. “The true cost” won’t probably be a blockbuster but represents an important gain of awareness, very interesting for practical purposes. There’s to say that one of the problems explained in the movie, industrial waste and environmental emergency, is felt in Italy and abroad. In our country the “handmade” becomes a victory of creativity and italian craftmanship, and a lot of companies make products that are entirely traceable as italian. In the case of international fashion, holdings are often the ones that act against environmental pollution. One of them is Timberland, that put the local sustainability as one of its yearly objectives and included even the transport in its plan. The american brand has inaugurated a factory in Holland that is a masterwork from the point of view of environment’s safeguard, with an outlet in Rotterdam’s port that avoids to distribute the goods by plane. Safe manufacturing and distribution as a company’s objective. An idea to spread. And reward. Luisa Ciuni

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