breaking the rules

WALKING ON THE WILD SIDE

La camicia aperta sul collo, preferibilmente scura, con le maniche rimboccate. I pantaloni Khaki. I giacconi  militari, con le tasche sul petto. Gli occhiali tondi di metallo. I capelli pettinati all’indietro, mettendo in evidenza la fronte alta e la stempiatura. Simone de Beauvoir lo chiamava “mio marito” (cosa che non disse mai di Sartre, compagno della sua vita) e “il mio coccodrillo”: era del resto l’uomo con il quale, confessava, aveva provato il suo primo orgasmo.
Nelson Algren, se anche non fosse stato l’autore di capolavori come L’uomo dal braccio d’oro e Passeggiata selvaggia (quella Walk on The Wild Side di cui cantò Lou Reed) sarebbe rimasto negli annali del menswear, a prescindere dal suo talento di scrittore. A suo agio nelle sale da biliardo fumose di Chicago come, in smoking doppiopetto, a ritirare qualche premio letterario. Matteo Persivale

Preferably dark, … Continua a leggere →

IL RIVOLUZIONARIO IN CAMICIA BIANCA, CRAVATTA E BOMBETTA

Uno dei luoghi comuni più diffusi nel menswear di questi anni è che l’uomo ribelle debba essere sempre – o quasi sempre – in T-shirt, giubbetto da biker, stivali macchiati. Il più grande rivoluzionario della Letteratura del Novecento, Franz Kafka, i cui incubi e le cui profezie – sullo strapotere dello Stato sull’individuo, sulle dittature – continuano a interrogarci, ha cambiato la cultura occidentale abbigliato impeccabilmente in belle giacche di flanella, camicie bianche, fazzoletto da taschino, bellissime cravatte a piccoli pois o sottili righe reggimentali, e a volte perfino la bombetta. Anche in abito chiaro, come nella celebre foto insieme con Felice Bauer, Kafka è maestro oltre che di scrittura anche di stile: al contrario dell’immagine un po’ troppo romantica tramandata nelle biografie, Kafka era alto, affascinante con i suoi occhi e capelli scuri, grande appassionato di nuoto (finché non fu colpito dalla malattia ai polmoni che lo uccise a soli  quarant’anni). Kafka, che lavorava in ufficio di giorno e scriveva di notte, ci insegna che non c’è bisogno di vestirsi come Steve McQueen alle corse per essere dei ribelli: e anche Steve McQueen, peraltro, non è mai stato ribelle come nei panni – elegantissimi, compreso l’abito tre pezzi e occhiali Persol in tinta – del miliardario svaligiatore di banche de Il caso Thomas Crown. Matteo Persivale

The rebel wears white shirt, tie and bowler hat. … Continua a leggere →

COLLABORATORI

Oggi non si parla di moda. Oggi vi presento dei personaggi di tutto rispetto del mondo del giornalismo, dei preziosi collaboratori che già da qualche settimana arricchiscono la realtà di The Men Issue con le loro argute osservazioni. A loro, e a voi che mi (ci) seguite, un sentito grazie.

 

PAOLO ARMELLI

Laureato in Lettere moderne ma prestato alla pubblicità, scrive di libri, moda, media e altro. Ha un blog (Liberlist.wordpress.com<http://Liberlist.wordpress.com/>), una rivista online (bartlebymag.it<http://bartlebymag.it/>), su Twitter e Instagram cura “TheStyler”. Twitta su @p_arm.

MATTEO PERSIVALE

Matteo Persivale, milanese, scrive sul Corriere della Sera dal 1990. Ha lavorato in Cronaca, agli Esteri, agli Spettacoli. Al momento si occupa di moda, libri, e altro.

 

GIORGIO RE

Giorgio Re, 50 anni, di Legnano (MI), è laureato in Lingue e Letterature Straniere  Moderne all’Università degli Studi di Milano ed ha conseguito successivamente un Dottorato in Germanistica presso l’Università di Vienna. Ha lavorato per circa vent’anni per l’Ufficio Stampa della Gianfranco Ferré SpA. Attualmente collabora con la Fondazione Gianfranco Ferré e con diverse altre aziende del settore moda.

L’ECCEZIONE NON CONFERMA LA REGOLA

Una differenza decisiva tra le leggende dello stile e tutti gli altri, specialmente quando si parla di menswear, è il rispetto delle “regole”, o presunte tali, del vestire maschile. Il Duca di Windsor, F. Scott Fitzgerald, Gianni Agnelli, Steve McQueen, il Conte Nuvoletti, ignoravano serenamente le “regole”. Dal risvolto dei pantaloni (ai tempi del Duca era rigidamente “country”) alla camicia button down (ai tempi di Fitzgerald non era considerata elegante), i revers dell’Avvocato, le t-shirt unte di  olio di motocicletta di McQueen (fino agli anni ’60 il casual come lo intendiamo noi non era proponibile al di fuori di fabbriche, officine, o al di fuori del weekend), i check arditi del Conte: tutti “errori”. Tutte regole infrante (vedi Lapo al giorno d’oggi). John F. Kennedy è stato un uomo dallo stile classico e molto imitato – le grisaglie con le scarpe Burgundy, le cravatte regimental, i revers stretti, gli occhiali da sole, i pantaloni khaki a Cape Cod — ma anche lui era allergico a almeno una regola: portava la giacca a due bottoni e abbottonava entrambi. Un vezzo di certi inglesi di ottima famiglia e ottima educazione (tra i quali Winston Churchill) adottato dal giovane Kennedy, figlio dell’ambasciatore americano a Londra. Matteo Persivale

The exception doesn’t prove the rule. A decisive difference between style legends and all the others, … Continua a leggere →