arte

KOONESS.COM PRESENTA ANTON GOIRI – THE IDYLLIC HERO

Concrete II

Come un eroe idilliaco Anton Goiri (Bilbao, 1970) scopre la profondità. Egli ci invita a prendere parte al suo percorso negli inferi dove luce, luminosità e tonalità vengono rimossi. Goiri riesce a trasformare tunnel e camere sotterranee, apparentemente inanimati, in ambienti di fantascienza. Paesaggi interiori in cui i dettagli architettonici scompaiono a favore di uno spazio unico dell’energia, luoghi dove ogni battito ci trasporta in un piano astratto distante dalla semplice riproduzione di immagini. Grazie ad una tecnica impeccabile, riesce a riempire di luce ed ombra scene sordide e tragiche, affronta scenari di realtà pesanti, e li riempie di magia e poesia che solo la sua immaginazione, accompagnata da una tecnica esperta, può far emergere. Questa forma di espressione utilizzata da Goiri per trasportarci nel suo spazio lo pone su un piano più metafisico rispetto ad un semplice cacciatore dell’immagine. Lo colloca nello spazio dell’arte, dove quello che vediamo non è e non intende essere solo ciò che è. Scopri le sue opere della serie Concrete su Kooness.com

As an idyllic hero Anton Goiri (Bilbao, 1970) flies the depths. … Continua a leggere →

NICOLA EVANGELISTI – BEWARE

Nicola Evangelisti

Dopo avere esaminato il rapporto tra reale e virtuale nel contesto della crisi economica, Nicola Evangelisti continua la propria ricerca artistica con il progetto BEWARE, focalizzando l’attenzione sul senso d’inquietudine generato dall’attuale modalità terroristica, in cui la comunicazione mediatica assume un valore determinante. Secondo l’artista, la violenza che uccide le vittime dell’attuale Guerra Santa non è più potente di quella che subiamo nell’istante in cui l’orrore della morte viene diffuso in tempo reale attraverso il web: il virtuale viene a coincidere con una seconda forma di realtà che conduce e condiziona i nostri aspetti emotivi, comportamentali e la nostra vita. Tale dualità viene tradotta da Evangelisti in opere che, analogamente, sono costituite da parti tangibili e da altre immateriali generate da un’illusione percettiva come nell’opera HOLY KNIFE. Installazioni di proiettili compongono le parole DEMOCRACY e PEACE, termini volutamente scritti in inglese che stigmatizzano la strategia militare statunitense di spostare continuamente il fronte di guerra al di fuori dei propri confini per combattere guerre in nome della pace e della democrazia. Area35 Art Gallery presenta “BEWARE” mostra personale di Nicola Evangelisti, a cura di Arianna Grava ed Olivia Spatola, presso la galleria d’arte contemporanea di Milano in via Vigevano 35.

Scopri le opere della serie “BEWARE” su Kooness.com

 

 

After the last series

… Continua a leggere →

WOUTER KLEIN VELDERMAN – SQUADRON ME

Wouter Klein Velderman

Wouter Klein Velderman utilizza, per le sue sculture ed installazioni, materiali e temi che hanno spesso un collegamento con il mondo industriale. Metallo, PVC e legno sono gli elementi che l’artista sceglie per rappresentare temi come trasporti e mobilità. Anche se i soggetti tendono ad avere un carattere industriale, le sculture di Klein risultano vulnerabili, delicate e raffinate. L’artista olandese presenta a Milano presso la galleria Spazio Borgogno la mostra personale: “Squadron Me”. In questa esibizione Wouter presenta tre famiglie di nuovi lavori: Revolting Mass, Squadron Me e Now It Can Rain. Revolting Mass è formato da tre riproduzioni di aerei da combattimento della Prima Guerra Mondiale che formano l’opera. Benché questi reperti storici abbiano già un centinaio di anni, sembrano essere più attuali che mai. Se si estende la linea temporale dalla comparsa di questi strumenti di distruzione di massa fino ad oggi, ci accorgiamo di essere di fronte a moltissime situazioni politiche complesse, in ogni parte del mondo, in cui essi sono tuttora protagonisti indiscussi. Klein Velderman inserisce una sua tipica bizzarria nell’installazione Revolting Mass, costringendo questi aerei da combattimento alle strutture della galleria utilizzando la tecnica del bondage . Questa azione ambigua non li sottopone meramente alla suggerita dominazione propria di questa antica arte giapponese ma ne evidenzia la bellezza plastica in contrapposizione al processo decostruttivo da lui utilizzato nella realizzazione di questi veivoli. Un analogo processo distruzione/ricostruzione ricorre nelle opere della serie Now It Can Rain. Si tratta di teli impermeabili di copertura per tir e camion che, tagliati a mano, intrecciati e ricuciti seguendo un metodo rigoroso, attenuano il loro carattere industriale arricchendosi in questo prezioso processo rigenerativo. Squadron Me è una serie di nuovi collage basati sui disegni degli emblemi della squadriglia di appartenenza che ciascun pilota di un aereo da caccia ha cuciti sulla giacca indossata in missione. Tutte insieme, queste immagini costituiscono un immaginario ritratto di squadroni da combattimento schierati dall’inizio della storia aeronautica fino ad oggi. Guarda le opere della serie “Squadron Me” aquistabili su Kooness.com

Wouter Klein Velderman – Squadron Me 26 Novembre 2015 – 9 Gennaio 2016, presso Spazio Borgogno, Ripa di Porta Ticinese 113, 20143 Milano

The materials and themes that Wouter Klein Velderman uses … Continua a leggere →

LIU BOLIN – L’ARTE DEL MIMETIZZARSI

Design - Fashion courtesy BoxArt Gallery

 

Liu Bolin è un artista cinese che crea opere molto interessanti combinando Arte, fotografia e protesta. Nelle sue performance di mimetismo, l’artista si fa ricoprire di vernice per dissolversi perfettamente nello sfondo delle ambientazioni delle sue fotografie. Per creare queste opere l’artista spesso sceglie luoghi in qualche maniera collegati con i simboli della Rivoluzione Culturale cinese, o che evocano gli immensi cambiamenti avvenuti nel paese dopo la caduta del regime di Mao Zedong.

Il team di Kooness.com ha intervistato Liu Bolin a proposito del suo ultimo lavoro “Migrants”, dove l’artista pone l’attenzione sul’attuale situazione dei flussi migratori e sui rifugiati.

 Nonostante la giovane età hai un grande percorso artistico alle spalle, ci racconteresti le varie fasi della tua attività di artista e come sei approdato all’ultimo lavoro sui migranti? Ho cominciato a realizzare le opere fotografiche, confluite poi in nella serie “Hiding in the City” nel 2005. Fin dall’inizio ho previsto che il mio corpo venisse colorato con gli stessi toni e sfondi dell’ambiente circostante, in modo che, da una certa angolazione, scomparisse nel panorama alle mie spalle. L’impulso primigenio è stato la ribellione nei confronti delle autorità, che stavano demolendo il mio studio. E’ nato così il primo nucleo di quella che sarebbe divenuta una serie. La rabbia che provavo mi ha spinto a mimetizzarmi tra le macerie del villaggio e a diventarne parte. Nel silenzio credo di essere riuscito a dire molto di più che con azioni rumorose. Da quell’evento tragico sono iniziate le serie dei miei lavori in cui mi nascondo nelle città. Poco dopo mi sono deciso a proseguire in quella ricerca, che descriveva la mia vita, il mio destino, ma aveva anche tanti punti in comune con la vita degli altri. Constatavo tra la gente che molti dei dubbi e degli interrogativi che mi ponevo io, erano condivisi da tutto il popolo cinese. E non solo. Successivamente, quando ho avuto l’opportunità di viaggiare all’estero per i miei progetti, mi è capitato di visitare tra i primi luoghi l’Italia, dove ho ritrovato, sorprendentemente, nella quotidianità di questo paese, le medesime incertezze e disarmonie. Attraverso le mie opere io cerco perciò di sviscerare queste contraddizioni dell’uomo contemporaneo, e di indagare nel profondo il rapporto tra la civiltà creata dall’uomo e l’uomo stesso. Il progetto dal titolo “Hiding in Italy” nasce dunque come declinazione italiana della più ampia serie di scatti di performance “Hiding in the city”. Il mio recente lavoro “Migrants”, sempre in collaborazione con Boxart, la galleria italiana che mi rappresenta, ha come obiettivo una riflessione sui flussi migratori. Non è un tema facile, esprime il costante bisogno umano di migliorare la propria condizione.

Le tue opere sono il risultato di un lungo processo di ricerca e organizzazione, ci potresti descrivere il lavoro che c’è dietro i tuoi scatti e quante persone sono coinvolte? Ho fatto diversi sopralluoghi tra Lampedusa e Catania. Poi, attraverso il valido aiuto della Comunità di Sant’Egidio di Catania siamo riusciti a coinvolgere decine di giovani migranti dal C.A.R.A. di Mineo e da altre strutture di Bronte e Giarre. Tutti provengono dall’Africa, da paesi diversi: Nigeria, Senegal, Burkina Faso e altri. Grazie a questa collaborazione ho deciso di ospitare più persone nello scatto: quattro opere sulle sei eseguite appartengono dunque all’evoluzione del mio lavoro, ovvero alla serie “Target” (“Bersaglio”), in cui scompaiono più figure nello sfondo. Ho iniziato “Target” tre anni fa con l’opera “Cancer Village”, per denunciare che lo sviluppo economico in Cina ha come risvolto negativo l’insorgenza di gravi malattie, a causa di un ambiente nocivo per i cittadini. Stavolta, in Sicilia, ho voluto affrontare i problemi dei migranti africani. Le tensioni politiche hanno provocato dei flussi migratori tra Africa ed Europa e il conseguente fenomeno dei rifugiati. Questo argomento a me interessa molto, è una vera tragedia umanitaria. Attraverso lo sfondo dei miei lavori in Sicilia, in particolare i barconi al Porto di Catania, voglio sensibilizzare maggiormente la gente su questo problema.

 Negli ultimi anni il fenomeno dell’online è entrato a fare parte di molti settori, ultimamente anche il mondo dell’arte contemporanea sta vedendo nascere molti fenomeni volti alla diffusione e promozione di questo mondo, cosa ne pensi? Io stesso sto lavorando ad una nuova serie che si intitola “Hacker” in cui sostituisco sui siti governativi le foto di luoghi-simbolo del potere con le medesime immagini, in cui però all’interno sono nascosto io. La mia vuole essere una riflessione sulla comunicazione contemporanea; nell’era di una intensa virtualizzazione, voglio esplorare ciò che rimane reale. Infatti, in questa serie non sono più l’uomo invisibile, ma tengo in mano una lampadina, simbolo dell’ingegno e del pensiero umano. Siamo all’inizio di una nuova era, l’Età del network. Io cerco di essere un artista-informatore che cerca si aumentare la consapevolezza delle persone circa il potere delle immagini. C’è sempre un significato più profondo di un’immagine, che mette in discussione l’anima umana e lo spirito. In questa nuova serie sfido il potere delle immagini cambiando quelle originali. E’ un tentativo di iniziare una guerra contro le immagini.

Scopri le opere di Liu Bolin presso la Galleria Boxart qui

LIU BOLIN – THE ART OF CAMOUFLAGE

Liu Bolin is a Chinese artist that creates compelling works combining Performance Art, photography, and protest. In his Camouflage Performance works, … Continua a leggere →

ANGELO BRESCIANINI – A FERRO E FUOCO

N.5 spari di fucile Calibro 12

Angelo Brescianini è un artista poliedrico e un innovatore, che ha fatto della ricerca continua e della contaminazione fra i generi l’elemento caratteristico del suo personale linguaggio. In più di trent’anni di attività, non ha mai smesso di sperimentare, dimostrando con naturalezza la possibilità di compendiare nell’opera elementi propri dell’artigianalità e delle tecniche di produzione industriale, del design e delle più complesse ricerche pittoriche e plastiche. Proprio dall’evoluzione di queste ricerche, nascono le sue “Espansioni”, particolari opere realizzate sparando con fucili, pistole e altre armi da fuoco, che egli definisce  i miei pennelli”. Brescianini riesce a realizzare, sparando contro piastre d’acciaio, superfici estroflesse in grado di “catturare la luce, creare dilatazioni visive ed espandere il riflesso deformato dello spazio circostante. Le sue opere, come scrive Antonio Falbo, che ne è stato lo scopritore, “divengono quasi metafora del vuoto, dell’attesa e della provvisorietà delle cose. Attraverso zone arcane, si stabilisce in esse un sentimento di attesa, che si interroga sulle ragioni del ritmo e della compiutezza convenzionale”. L’uso di supporti rigidi come l’acciaio e il “disegno” a punti realizzati con proiettili sparati fanno della ricerca di Brescianini una radicale proposta, che oltretutto riscatta l’uso delle armi, trasformate da strumenti di violenza in mezzi creativi. Fino al 24 ottobre presso il MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende (CS), sarà possibile ammirare la mostra ANGELO BRESCIANINI / A ferro e…fuoco a cura di Salvatore Falbo e Roberto Sottile. Questa rassegna precede le mostre che vedranno l’artista protagonista di importanti appuntamenti al Lattuada Studio di Milano, nel mese di novembre, e successivamente a New York, Londra, Miami, Houston e, per ultimo, nel mese di marzo 2016, a Dubai.

Angelo Brescianini … Continua a leggere →