Archivio di ottobre, 2013

STYLE 2006

A superb styling, a great impact shot by Michael Woolley. Clothes by Strenesse and Yohij Yamamoto and accessories by Yamamoto, Jil Sander and Dior Homme (still designed by Hedi Slimane).

SCHEMA LIBERO L’INTUIZIONE GIUSTA

The right intuition. Years ago I had to find an idea to unite the entire issue of the magazine I directed: every two months, the magazine had a single subject that involved every part of it, from the various columns to fashion, up to news and even the horoscope. I was in Paris for fashion shows, and Paul Smith displayed his collection in a swimming pool: chlorine smell, the dives sound, and the idea arrived, water. What I mean is that you can be everywhere, in every circumstance and you can have an eureka moment that solves a little enigma when you least expect it. A scent, a noise, a colour, sometimes can be enough. Who has a mind open to every spark, especially who – like me – has the privilege of having a creative job, can have the right intuition everywhere. Paul Smith was right, when he entitled his volume “You can find inspiration in everything”, and in his honour this week we’ve shot some pieces of cloth among the most brilliant and fascinating that I found in the winter collections. The cover of Paul Smith’s book.

SETTE MAGAZINE EN VOGUE COME SI TRASFORMA LA PASSERELLA IN EVENTO

Fashion shows have become performances, live “narratives”. Yesterday unvarnished fashion walked the runway; today, set-up, music, lights and even invitations immediately introduce in the collection’s mood. Years ago all designers modeled in the Fair’s old location: the same halls, white walls, chairs and catwalks. Dolce & Gabbana were among the first to change location. In 1995, still in the old one, they displayed damasked for men: the idea of buying and restoring the old cinema Metropol wasn’t in their projects yet. Today, thanks to the magnificence of a (ex) movie theatre changed, by necessity, into a hall inspired by Visconti, that mediterranean romanticism is celebrated with a much more affecting intensity. Opposite feeling at Prada, able to surprising intuitions: every season her space changes scenography, and every time is a surprise: nothing shines through, not even from the invitation. In 2011, when she changed her fashion’s direction suggesting bright colours, a catwalk made of steel tubes and lighted up by neon lights. Two examples of excellence, totally opposing and totally brilliant. Above, from left, an outfit by Dolce & Gabbana (from Bazaar Uomo, 1995; ph. Rennio) and one by Prada (from max, 2011; ph. Tesh).

RIVOLUZIONE BORGHESE?

Quando il mondo cambia, mutano costumi e stili di vita e, di conseguenza, si modifica anche il modo di vestire. Il paletot nasce nel quadro di una duplice rivoluzione storico-sociale-economica: da un lato l’affermazione definitiva, in particolare nell’Impero britannico, di un nuovo ceto produttivo; dall’altro, in Francia, l’ascesa al potere del Terzo Stato. In questo contesto, il cappotto maschile risulta da un somma di fogge e funzioni d’uso: quelle della marsina settecentesca – nelle declinazioni sobrie predilette dalla nuova classe in crescita – e quelle dei pastrani militari in ruvido panno della Grande Armée napoleonica. Sintetizzando, la natura del capo si manifesta nell’allungamento della marsina e nella trasposizione nel vestire civile delle potenzialità di un indumento da guerra, in primis la capacità di proteggere dal freddo e dalle intemperie. Il debutto in società del cappotto ha il sapore di un exploit. Ne sono protagonisti gli “incroyables” – così erano chiamati gli esponenti di un movimento caratterizzato da un lusso estremo ostentato e da stravaganze esibite nell’abbigliamento e nella condotta di vita – che negli anni della Rivoluzione e del Direttorio considerano un dovere “l’essere alla moda” senza per questo estraniarsi dal cambiamento. E’ forte la volontà di esasperazione: vita strizzata al massimo, falde che sfiorano il suolo, risvolti esagerati che lasciano in bella vista il collo della camicia rialzato e fermato da chilometriche cravatte a nastro. Pochi decenni dopo anche per il cappotto giunge la Restaurazione. Rappel a l’ordre! Decoro e rigore sono diktat imprescindibili. Il paletot ora va bene anche per il Principe von Metternich, i banchieri di Londra, i ministri dello Zar.

Il capo nato di recente entra nella casistica dell’abbigliamento formale dell’epoca industriale. Senza mai più perdere né ruolo né prestigio, neppure quando le società avanzate diventano post-industriali e la globalizzazione abbatte ogni frontiera.  Sostanzialmente misurato nella conformazione, il cappotto viene declinato in tutte le tipologie di lana, dalle più pregiate – cachemire, vicuňa, mohair, cammello, alpaca – sino al panno e al feltro, più accessibili, oppure al tweed, disinvolto e sportivo, mediato dalle consuetudini della “gentry” anglosassone. Si aggiungono il velluto – che conquista il primato per i modelli da sera e la pelle – mai veramente amata dai borghesi doc – ma resa lugubremente iconica dai totalitarismi del ‘900. E’ imperativa la sobrietà della palette cromatica. Sono di prammatica le tinte dense ed intense, rassicuranti e virili. Come accade per l’abito, le superfici del paletot si animano di tutte le fantasie al maschile alternative all’unito. L’unico elemento che esula dalla severità è il collo, se non l’intera fodera, in pelliccia: non certo per concessione alla stravaganza, piuttosto per manifestazione di agiatezza. Con i Roaring Twenties, si attenua l’obbligo della moderazione formale. Il paletot acquista volume, si allunga, i rever tornano ad essere importanti. Con qualche micro-variazione, questa configurazione resiste sino al secondo dopoguerra. Solo con l’imporsi del “Mad Men Style”, il cappotto si riavvicina al corpo, perde centimetri in lunghezza e ampiezza, per poi recuperarli negli anni ’80, nel segno dell’edonismo. Il presente del cappotto è il presente della moda Uomo: non più tendenze impositive che cambiano da una stagione all’altra, semmai pluralità di proposte tra cui orientarsi in base al gusto o alla necessità. E ancora: attenuazione delle barriere tra formale e casual, avvicinamento alle altre tipologie di “outerwear”, ottimizzazione tecnologica nella resa materica e nella vestibilità. Giorgio Re

 

When world changes, habits and lifestyle change too and, consequently, the way of dress. … Continua a leggere →

M 2006

2006: it was the “vinyl year”. Prada launched the trend and it was immediately cool. Photo by Johan Sandberg.