CODES R-EVOLUTION

OPTIONAL FUR

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La pelliccia nel passato

”Il lusso è una necessità che inizia dove termina la necessità”: parole di Mademoiselle Chanel, che possiamo riportare all’argomento che ci proponiamo di considerare qui. Pelliccia al maschile sì o no? In un’epoca libera da imperativi è impossibile formulare un giudizio perentorio. Mettiamo invece in tavola i pro e i contro. Da un lato pelliccia significa da sempre lusso, ricchezza, potere. L’avvicendarsi tra aristocrazia e borghesia ai vertici della scala sociale non ha scalfito il suo prestigio, semmai lo ha riportato a declinazioni più controllate. Tra il manto d’ermellino di Re Sole e il cappotto con collo, polsi e fodera in pelo di un qualsiasi magnate industriale del diciannovesimo/ventesimo secolo la differenza c’è ovviamente. Ma è puramente “quantitativa” e non intacca la valenza di auto-rappresentazione espressa da un indumento così importante.

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La pelliccia nella f/w 2016/17

In determinati momenti la pelliccia ha rappresentato anche l’anticonformismo: dei dandy “fin de siècle”, di artisti, creativi e personaggi legati allo show business ma non solo, che hanno fatto da apripista nel processo di rivisitazione dei codici attuali del vestire Uomo. Dall’altro lato i ragionamenti si fanno forse più prosaici. Non sono in discussione né la bellezza né i tanti plus che incorpora la materia pelliccia, bensì la sua necessità. Sarebbe falso affermare che la pelliccia oggi è indispensabile per proteggersi dal freddo. Lasciamo questa impellenza a Fred Flintstone. Le eco-fur ed un’infinità di techno-texture ovviano egregiamente al problema. Detto ciò, liberi tutti. A patto che ciascuno si assuma la responsabilità delle proprie scelte. Giorgio Re

”Luxury is a necessity that starts where the necessity ends”: … Continua a leggere →

ALLACCIATE LE CAMICIE

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Anticonformismo? Severità di matrice pseudo-calvinista? Eccesso di compostezza? La consuetudine di allacciare la camicia, inclusa quella estiva a manica corta e la polo, a partire dal primissimo bottone in alto è di sicuro trasversale al cambiare delle mode, ma diventa endemica a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso, quando prende piede una pretestuosa rinuncia all’eleganza comme il faut, che vorrebbe essere minimal-pauperista, ma risulta soltanto approssimata e difficile da leggere – reazione all’abbuffata di firme del decennio precedente? Non è vietato scegliere di allacciare la camicia appena sotto il pomo di Adamo. Ora meno che mai. A un patto ben chiaro: che sia una scelta sufficientemente ragionata e non un opinabile tentativo di emulazione. Scordiamoci l’effetto Rasputin. Tralasciamo le suggestioni Amish. Rispettiamo idee e convinzioni che si rivelano nello stile dei leader di certe teocrazie medio-orientali, ermeticamente chiusi nella camicia, privi di cravatta perché troppo “occidentale”, ma con completi tagliati in Savile Row. E invece togliamoci il cappello davanti a Monsieur Jean René Lacoste, certo non bello nel senso stretto del termine, ma inappuntabile in polo di piquet e giacca di lino candide. Giorgio Re

 

Button up the shirts. … Continua a leggere →

ALLA CAVIGLIA

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Anche sì! Non è un efferato delitto scegliere di indossare un pantalone – necessariamente di linea affusolata e con risvolto – che si fermi un poco sopra la scarpa, in corrispondenza della caviglia o poco più su. Assodato ciò, veniamo alle controindicazioni come da foglietto illustrativo – dicasi “bugiardino” – dei medicinali. In primis: in molti aspetti della vita, anche in quelli ben più sostanziali, sono i centimetri a fare la differenza. Traduzione: la caviglia è la caviglia, la metà polpaccio è la metà polpaccio. Dunque vediamo di non strafare e voliamo basso, anche se non rasoterra. Nel senso letterale del termine. Evitiamo in ogni modo l’effetto allagamento dell’appartamento causa rottura delle tubature condominiali, o peggio “acqua alta in Piazza San Marco”. Inoltre: lasciamo ai clown l’effetto circense che risulta dalla scelta eccessivamente azzardata in quanto a colori, fantasie et similia dei calzini. Non siamo più ai tempi dei nostri papà e nonni che, quasi sempre su inesorabile diktat delle amabili consorti, si arrovellavano non poco perché costretti ad abbinare ad ogni costo i calzini alla cravatta, al pullover e quant’altro. Libertà sì, ma un briciolo di misura, ovvero di buon gusto, non è mai controproducente. Conclusione che vuole far riflettere? Bei tempi quando erano solo le Signore a doversi preoccupare di avere caviglie sottili perché le gambe svettassero senza sfigurare sui tacchi. Ora, a quanto pare, il problema è anche nostro. Giorgio Re

Ankle lenght, we say yes! … Continua a leggere →

MANICHE CORTE E GIACCA? SI’ MA…

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Ci piace o non ci piace? La manica corta sotto la giacca di norma non dovrebbe piacerci, la giacca imporrebbe la camicia a manica lunga. Di sera e/o con un completo formale senza dubbio. In fondo però siamo esseri umani. Anche se non viviamo in zone prossime all’Equatore, la manica corta in sé è una panacea stagionale. Ci piace, con tasso di gradimento pari al 100%, la polo sotto la giacca. E’ un rapporto ormai consolidato. Ha dimostrato la sua ragion d’essere già negli anni Venti del secolo scorso prima nelle situazioni leisure, poi anche in città, nei mesi in cui “la moglie è in vacanza”. Due sole avvertenze in merito alla combinazione in questione: è attestazione di disinvoltura e tale deve rimanere. Scordiamocela per le occasioni in cui sul comfort deve prevalere l’aplomb. In secundis, prestiamo un minimo di attenzione all’abbinamento cromatico. Per la polo indossata da sola semaforo verde sempre e comunque. Se portata con il blazer, nessun tabù particolare, solo un po’ di cautela nell’accostamento. Di Don Johnson in stile “Miami Vice” ne è bastato uno. Non ci piace per nulla la camicia a manica corta sotto la giacca. Nel migliore dei casi, con una bella cravatta dai colori sgargianti fa rivenditore di auto usate di Minneapolis. Ci basta vedere certe performance nei telefilm un po’ datati made in USA. Nella peggiore delle ipotesi, in sano poliestere verdino/grigino/giallino smunto fa alto funzionario del defunto Partito Comunista dell’Unione Sovietica in vacanza sul Mar Nero. Passé. Per tali estasianti visioni resta ancora la Corea del Nord. Fin che mai. Giorgio Re

 

Short sleeves and jacket? Yes, but…Do we like it or not?

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NIENTE CALZE NIENTE STILE?

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Il no socks glam ha preso saldamente piede… nel senso letterale del termine. Sarebbe ipocrita negare che alcuni uomini non troppo in là con l’età, di gradevole aspetto, icone attuali del fascino virile, con la loro discreta dose di charme, in determinate circostanze ed occasioni, sfigurano mostrando la caviglia nuda che raccorda l’abito scuro, di buon taglio – se non lo smoking vero e proprio – e la calzatura stringata, in nappa lucida o in vernice dalla forma in genere affusolata. La moda non è statica, né le sue regole sono sempiterne, scolpite nella pietra come i dieci comandamenti sulle Tavole della Legge. Farebbe però comodo un “codice di comportamento” al quale attenersi. In primo luogo evitiamo l’effetto Carnevale: abito formale e scarpe stringate senza calzini possono funzionare solo se l’abito è scuro, nero o blu notte, o viceversa bianco ma rigorosamente one tone, e le calzature unicamente nere. E un minimo di “standing”- in pratica, un bell’aspetto – è auspicabile come conditio sine qua non, senza necessariamente essere il sosia o il fratello gemello segreto di Justin Timberlake. Infine, come già accennato, è fondamentale la circostanza, che non può certo essere la quotidianità di una giornata di lavoro. Vedere in metropolitana un impiegato con un pantalone beige in sé più che adeguato, le scarpe stringate color cuoio, anch’esse ineccepibili e ben abbinate al pantalone, ma portate con i fantasmini che spuntano indomiti può davvero far pensare alle peggiori cose e indurre a riflessioni estremamente cupe sui destini dell’umanità. Ciò detto, esiste il libero arbitrio che include anche l’utilizzo o meno dei calzini. Ognuno lo applichi come meglio crede. Giorgio Re

No socks no style? The no socks glam  … Continua a leggere →