SPORT OR SPORTY?

Sin dagli albori dell’era mediatica, lo sport, al pari del cinema e della musica, costituisce un serbatoio straordinariamente ricco di modelli di riferimento per lo stile. I grandi campioni si contendono l’attenzione del pubblico accanto ad attori e rock star. Non pochi di loro diventano vere e proprie icone. E’ un fenomeno globale. Non mancano differenziazioni e peculiarità locali.

Se in Italia nessuno può pensare di scalzare i calciatori dal sempiterno primo posto nella hit parade del gradimento, in Spagna persino i più titolati giocatori del Real Madrid o del Barcelona devono ancora vedersela con i toreador, contendendosi copertine e presenze in TV. La stessa cosa accade in Austria, in Svezia o in Norvegia, dove alcuni sciatori raggiungono lo status di eroi nazionali. E’ pur vero che esistono sportivi per i quali l’ammirazione è planetaria: i piloti di Formula Uno oppure i tennisti, per limitarci a due esempi immediati.

Nel rapporto tra idoli sportivi e loro fan un aspetto è fondamentale. A questi ultimi dei campioni interessa…tutto, complice in ciò il potere dei media. Non solo le prestazioni in campo, sulle piste da sci o sui circuiti automobilistici, ma anche la vita, le bravate e naturalmente il look, non solo e non tanto quello legato all’attività sportiva, che del resto non può prescindere dal tipo di disciplina praticata né, tantomeno, dal principio dell’uniforme, o meglio, dell’uniformità, perché sia immediatamente visibile l’appartenenza ad un club o ad una formazione nazionale.

Senza troppi giri di parole: ciò che l’eroe sportivo indossa nel suo tempo libero fa comunque moda. E la moda – che da sempre si nutre di ciò che accade nel mondo, dei cambiamenti che lo animano, dei fenomeni sociali  che lo muovono – non può non tenerne conto. Va anche ricordato che da sempre la moda contemporanea guarda allo sport in senso stretto, facendo proprie fogge, materie e tecniche per rielaborarle nelle collezioni che segnano il susseguirsi delle stagioni. Un meccanismo del tutto analogo lega i look che si vedono in passerella e quelli dei campioni “in libera uscita”. Si potrebbero menzionare decine di esempi e perdersi così in un ginepraio di riferimenti.

Ma questo nuovo capitolo di Fashion Fil Rouge preferisce richiamare l’attenzione su un elemento del guardaroba che avvicina davvero tanto lo stile “free time” degli sportivi a quello proposto dai fashion designer. Si parla del blouson. Dallo sport allo “sporty”, si potrebbe dire. Senza mai perdere di vista la funzionalità, la versatilità e lo spirito disinvolto, valenze proprie di questo capo, in effetti già sdoganato dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando inizia ad entrare a far parte del vestire comune, perché ammirato addosso ai piloti della R.A.F. o della U.S. Air Force.

Forse per assuefazione alla praticità dei capi indossati nella pratica sportiva, i campioni si mostrano spesso in giubbotto anche nel tempo libero. Si potrebbe azzardare un’ipotesi: almeno sino a qualche decennio fa, per sentirsi sempre e comunque sportivi, i vari tennisti, piloti, sciatori, calciatori propendevano con naturalezza al blouson come capo scontato del loro look. Con una buona serie di variazioni sul tema.

Juan Manuel Fangio si accontentava di un semplicissimo giubbotto di tela, forse cerata, non tanto diverso da quello che indossava al volante. George Best, nei suoi anni d’oro, si poteva permettere un tocco personalissimo, tanto da rivaleggiare con Elton John, David Bowie e i Rolling Stone come emblema di eleganza new british. Da buon nordico, Björn Borg, non risparmiava in fatto di colori vivaci, in ciò non allontanandosi troppo dai costumi di scena degli Abba. Tutto quadra: nelle collezioni di oggi abbondano i blouson che fanno pensare a quel mondo. E non è difficile ritrovare leit motiv comuni tra i giubbotti di allora e quelli griffati di oggi.

Perno di questa assonanza  è senza dubbio la ricerca del comfort come dato genetico di base, ottenuto con il ricorso a materie differenti – techno-textures, pelle, lana -, quasi sempre sommate le une alle altre, ora ottimizzate con lavorazioni e finissaggi un tempo impensabili, senza scordare che spesso al mix materico corrisponde l’opposizione cromatica tra le diverse parti del capo. Conclusione? A chi, quando indossa un giubbotto, non piace sentirsi un po’ un… campione in libera uscita? Giorgio Re

 

Since the beginning of the media era, sport, as well as cinema and music, is an exceptionally rich source of style icons. Great champions contend the audience’s attention to actors and rock stars. A lot of them become real icons. This is a global occurrence, with local distinctions and peculiarities. While in Italy footballers are untouchable, in Spain even the most popular players of Real Madrid or Barcelona still have to face the toreadors, in terms of covers and TV appearances. The same thing happens in Austria, Switzerland or Norway, where some skiers become natinal heroes. And there are sportsmen that earn planetary admiration: Formula One drivers or tennis players, just to mention two immediate examples. In the relathionship between sport idols and their fans one thing is essential. Fans are interested in…everything about their champions, with the help of the media power. Not only the performances on the football pitch, the ski slopes or the racetracks, but also the life, the brags and surely the look, not only and non much the look relative to the sport activity, that can’t abstract from the kind of discipline praticed and from the principle of the uniform. To be straightforward: what the sport hero wears in his spare time becomes fashionable. And fashion – that always feed itself of what happens in the world, of changes, of social events – must consider it. We must remember that contemporary fashion seizes shapes, fabrics and materials from sport, season after season. The same happens between the looks on the catwalks and those worn by champions. But this new chapter of Fashion Fil Rouge points out a specific garment that really put in contact the “free time” style of sportsmen to designers’ style: the blouson. We can say from sport to “sporty”. Without forgetting functionality, versatility and self-confidence typical of this garment, that has been sanctioned since the Second World War thanks to the pilots of R.A.F. and U.S. Air Force. Maybe due to practicality addiction, sportsmen often wear the blouson in their spare time too. We can hazard a guess: at least since a few decades ago, just to feel athletic always and anyway, the several tennis players, pilots, skiers, footballers leaned naturally towards the blouson as an obvious garment of their look. With a series of variations on the theme. Juan Manuel Fangio used to wear a very simple canvas (maybe waxed) jacket, not so different to that worn behind the wheel. George Best, in his golden years, had a very personal touch, so that he competed against Elton John, David Bowie and the Rolling Stones as an icon of new british elegance. As a good Nordic, Björn Borg loved to wear bright colours, not so different to those worn by the Abba. Everything squares: in today’s collections there are a lot of blousons that recall us that world. And it’s not difficult to find communal leit-motifs between those jackets of the past and those, branded, of today. The keystone is surely the comfort-seeking as a factual data, obtained with the use of different materials – techno-textures, leather, wool -, often mixed, optimized with modern processings and finishings, that usually coincide with different colours. In summary? Who, wearing a blouson, doesn’t like to feel a kind of… champion having a free pass? Giorgio Re

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